Organico Ridotto , quartetto abruzzese. Cantano in dialetto e il loro progetto è molto originale e particolare! I brani sono 10, tutti originali ad eccezione delle tracce n.1 (Ortoman) e n.10 (Maria Nicola), brani tradizionali ampiamente rivisitati.
Abbiamo inserito un video e tre brani audio.
Si parte.
1. Ortoman
Brano con connotazione rock, intro elettronico, andamento molto piacevole, intelligente la linea di basso, semplice ma utile. Voce riverberata, chitarre con delay, batteria “pesante” il giusto e il basso che vi descrivevo tessono la base del brano. Brano tradizionale riveduto.
2. Lurrè
Ambientazione reggae, arrangiamento molto curato con buona intelligibilità e mai sovraccarico. Testo molto ironico su un ipotetico Re spavaldo ed incurante che però … proverà la “casanza” (carcere). Il video completo per voi. Buona visione!
3. La città delle panze
Intro elettronico e anche qui ambientazione reggae. Tutto ben suonato ed equilibrato. Testo provocatorio che tende a denunciare un certo tipo di stato sociale, dove regna il malaffare, dove non si bada al debole, dove vige l’assuefazione all’ingiustizia, dove non c’è coscienza, insomma, allegoricamente, tutto si riduce al cibo, alle “panze”.
4. Seme morte
Intro simil tarantella/ballata. Poi di nuovo ambientazione reggae con accenni latineggianti … insomma un miscuglio musicale molto riuscito. Suonato con tipici accenti in levare sui quali la voce viaggia lineare.
È un inno alla reazione che esorta a prendere coscienza sull’esser morti senza essersene accorti. È un richiamo all’attenzione su quanto effettivamente si è in grado di decidere per le proprie sorti, la manipolazione come norma. È anche il richiamo alla dignità (“custive poco, sanne approfittate”).
Perse la forza
5. Perse la forza
Ambientazione arabeggiante con richiami anche mediterranei molto suggestiva con giochi di echi vocali. Quelle voci “lunghe” sono un richiamo, chiedono attenzione e riflessione. Ritmica raffinata, quel rullante non arriva mai, tira quasi indietro. Il solito basso che cuce e guarnisce ogni cosa. Belli gli strumenti a corda sempre in sottofondo, Questo è un brano diverso dai precedenti, anche l’arrangiamento sfrutta accorgimenti diversi. Si sente il folk, e la ritmica è moderna. E poi il testo, molto drammatico … Il “trionfo” della morte, forse liberatoria, forse unica via d’uscita. “Perse la forza perse l’ingegno, la morte mi ha detto vai via da questo regno”. Un ripercorrere le fasi di una vita, le tappe salienti. Ma questa può essere solo una personale interpretazione e, quindi, ascoltate le parole, molto profonde, e fatevi una vostra idea del significato.
Questo brano è bellissimo, tutto!
6. Abatesant
Arabeggiante, belli i vocalizzi dell’intro sembra di essere in una kasbah. Testo quasi parlato, molto groove. Bello il solo di chitarra. Ci sono molti samples di voci per piccoli interventi.
Per quanto concerne il testo è dedicato a S. Antonio, e il tono dei fedeli che si rivolgono a lui è quasi inquisitorio, teso a chiedere qualcosa in cambio per la loro devozione.
Frate de Saie
7. Frate de Saie
Arabeggiante, suoni etnici azzeccatissimi, acidi e stridenti che presuppongono l’utilizzo di librerie. Ritmica che accenta il levare dei movimenti. Mi piace molto il solo di chitarre anch’esse acide ed effettate, molto suggestive, creano contrasto con la ripresa del brano. Cantato ed interpretato molto bene, vocalizzi in stile. Il testo pone a confronto due tipologie di fratellanza, la consanguinea e quella spirituale, evidenziando la negatività di entrambe. Guerre scatenate per motivi religiosi e poco amore in famiglia (“… sono banditi entrambi – rubano il fiato spacciano dottrine – respira forte che l’aria è già finita”).
8. Tira e molle
Intro “liquido”, fill di batteria che introduce la ritmica reggae. E quel basso frenato e preciso, suono molto bello! Sembra una filastrocca, uno stornello, è molto orecchiabile. Ci sono modulazioni armoniche (alzate/cambi di tono) che giovano per un ascolto “accompagnato”, sembra ogni volta di girare pagina. Testo che racconta di un amore … probabilmente “deluso e tradito”.
Beduino latino
9. Beduino latino
Beduino latino, un ossimoro. Ma racconta una storia, quella del soldato Carmine Iorio, inviato in Libia (guerra italo-turca). Prima diserta e poi finisce paradossalmente all’altra sponda per combattere a favore della resistenza libica. Addirittura si converte e sposa una ragazza del posto, che gli darà due figli. Poi il fascismo lo condannerà a morte dopo averlo catturato. Un eroe beduino, mezzo traditore e mezzo brigante.
È a tutti gli effetti una sorta di immigrazione al contrario.
Frangenti arabeggianti , mediterranei insomma è un cocktail musicale, il tutto condito dalla ritmica rock/reggae, molto marcata. Belle le sonorità etniche utilizzate.
10. Maria Nicola
Rivisitazione di un classico anonimo tradizionale. Il brano mantiene solo parzialmente il testo, per il resto … beh è tutt’altra questione, completamente stravolta! Ritmica reggae nelle strofe, ma il ritornello è bello audace, molto moderno. Melodia strumentale creata ex novo. Insomma qui come per Ortoman si assiste alla rivisitazione totale del folk partendo da un brano popolare tradizionale. Questo è il contesto, la mission di Organico Ridotto!
Il disco è veramente ottimo, godibile originale e anche raffinato. È proprio l’insieme che è molto ben organizzato. Gli arrangiamenti sono sempre molto curati, non ci sono mai virtuosismi inutili, tutto è giustamente dosato per mettere in rilievo i testi molto fini, a volte severi e provocatori. Gli Organico Ridotto, come già anticipato, si esprimono in dialetto abruzzese ed è veramente ammirevole questa commistione tra folk e moderno.
La musica espressa è un mix di vari generi, come appunto in un orto (cit. degli autori).
Ci sono influenze mediterranee, reggae, arabeggianti, e in un paio di situazioni ho avvertito persino echi indiani.
La sezione ritmica è praticamente perfetta, sostiene sempre al meglio esibendo una performance molto definita e asciutta. Figurazioni semplici, essenziali ma sempre giuste e dentro il groove. Mi piace tanto quel basso, stile Pino Palladino (Gianluca Francavilla lo conosci?!) con quel suono grasso ma frenato. La batteria di Franco Liberati supporta con fill miratissimi gli incastri ritmici dei brani. E poi mi piace il suono “da studio”. Le chitarre svolgono tutto il lavoro armonico e quello melodico di sottofondo. Sono effettate ed intuisco uso di pedali come se non ci fosse un domani. Ma i chitarristi sono così e secondo me dovrebbero pagare l’IMU per le loro pedaliere (!).
Ma a parte l’ironia, Marino Di Nino è molto bravo e assolutamente adatto ad un simile contesto, copre tutti i ruoli diligentemente. Ma ora parliamo del frontman della band, Antonio Lucifero. Voce particolare, mai urlante e con timbrica netta. Dinamicamente, anche quando va più in basso, è sempre presente e non credo che ciò sia dovuto esclusivamente all’uso di compressione del segnale in fase di mix (anche in live mantiene simili caratteristiche). E poi ha veramente un ottimo timing, sciolto e rassicurante. Racconta storie come se stesse parlando, il bando negli antichi borghi. È un moderno cantastorie! Bravo!
Mi piace anche la cura dimostrata in fase di produzione. I suoni sono sempre ben distinti e scelti in funzione dell’arrangiamento globale. Nessun suono risulta troppo artefatto e ciò lo dimostra la resa live della band, praticamente specchio di quanto realizzato in studio. Insomma fare un disco non è cosa facile, dietro c’è tanta ricerca e sperimentazione. Ho notato che ci sono anche parti elettroniche di indispensabile supporto ottenute dall’uso di synth/rompler o piattaforme sonore varie (Omnisphere, Kontakt e similari). Anche in questo caso … grandissimo lavoro!
Mix equilibrato sia riguardo alle frequenze che alle dinamiche. Avrei ogni tanto tirato più su la voce per facilitare maggiormente anche la comprensione del testo, ma questo è un fatto personale legato magari agli ascolti (monitor), seppur di riferimento, da me utilizzati per questa recensione.
Il messaggio che c’è dietro questo progetto è legato al territorio e precisamente ad un rilancio dello stesso nel rispetto, ma soprattutto nel ribadimento del contesto storico e sociale. E in questo senso viene utilizzato il dialetto. Questo è un disco “colto”!
Il folk è storia, ma il folk è soprattutto il presente, e per essere anche il futuro qualcuno ce lo deve ricordare. E loro ci riescono!
Disco consigliatissimo!
Intanto … buon ascolto e buona visione!
marco campea – siAMO musica – ICOnA