Francesco Mascio è un bravissimo chitarrista e compositore. Le sue note biografiche, e non solo, le potete leggere all’interno della pagina che gli abbiamo riservato.
In questo lavoro figurano tre ospiti:
Gabriele Coen – sax soprano (traccia 2)
Susanna Stivali – voce (traccia 7)
Sanjay Kansa Banik – tabla (traccia 1)
Intima passione e interiorizzazione sono gli ingredienti principali di questo disco molto coinvolgente.
Le tracce sono 9 e le analizzeremo in modo approfondito per poi trarre le conclusioni.
1. Balla con Buddha
Atmosfera molto mistica ed interlocutoria. Sonorità “cordali” e tabla suonate da uno degli ospiti (Sanjay Kansa Banik). Bella l’introduzione che ci immerge letteralmente nell’ambientazione che sarà poi quella di tutto il disco. Inizia il riff tematico subito affiancato dalle tabla che rimangono costanti e assistono le modulazioni delle corde. Il clima del brano è proprio quello di una danza e l’arrangiamento rende ottimamente l’idea. Le sonorità sono tutte ben contestualizzate e l’effetto globale è veramente azzeccato. Mi piace quel riff crescente a meta brano che sfocia in una fase di riflessione, libera. E riprende la danza.
2. Tiziano Terziani
Questo brano è di una bellezza unica. È lo è immediatamente! Passano i secondi e ti piace sempre di più. Non ti meraviglia nemmeno, non ci sono scadimenti, mantiene la freschezza compositiva anche nelle brevi modulazioni. E poi è suonato bene, in modo partecipato. Sono sei minuti di dolcezza. Al sax soprano c’è Gabriele Coen che espone il tema esibendo finezze dinamiche miste a vibrati molto evidenti. Ci piace molto il suo assolo movimentato ma nello stesso tempo complementare alla chitarra sottostante. Tornano i temi e il brano va a finire. La cosa che mi ha incuriosito è quel pad metallico risonante che si sente in sottofondo per tutto il brano. È una semplice nota fissa che recita sempre un ruolo diverso a seconda del susseguirsi dell’armonia. È generato da una singing bowl: è ficcante ma rassicurante. Che bello questo brano. Bravi!
Tiziano Terziani
3. Funk Shui
Strepitoso incastro ritmico. Suoni percussivi, pulsazioni … geniale. Non è facile descrivere l’andamento del brano, se lo facessi non renderei il giusto omaggio all’autore. Ha sicuramente sfumature free ma, nello stesso tempo, mostra diligenza esecutiva, specialmente dal punto di vista ritmico. Mi riferisco anche all’improvvisazione della chitarra elettrica che vaga libera e nevrotica. Aggiungo che Jamalaadeen Tacuma ne andrebbe fiero!
Funk Shui
4. Blue dragon
Introduzione con la chitarra (corde in metallo) al limite dell’intonazione, molto suggestiva. Ambientazione tipicamente orientale come in tutto il disco. Il brano è una danza e a tratti somiglia addirittura ad una taranta, almeno a me l’ha ricordata negli accenti ritmici. Mi piace pensare, ma non so se sia rispondente al pensiero dell’autore, che questo brano sia in un certo senso ispirato alla danza del drago cinese, testimonianza tradizionale molto suggestiva in quei posti. E mi piace pensare che il protagonista del brano sia proprio quel drago blu, messaggero degli dei: mitologia affascinante!
5. Wu Way
È la title track. Lunga atmosfera introduttiva curata con le ambienze più adatte. Poi arrivano le due chitarre, con una che simula l’andamento di un basso. Insieme sono la base del brano fino alla fine. Questo è un brano praticamente funk e non te lo aspetti. Bella la trovata di inserire il clap rigorosamente fatto “a mano” e non campionato. Mi piace anche l’improvvisazione dell’elettrica, con quella punta di modulazione e distorsione. Riff di chitarra orecchiabili, amichevoli. Il brano scorre.
6. Lao Tsau
“quello che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo lo chiama farfalla”
Brano intitolato al filosofo e scrittore cinese poi divenuto divinità. È il fondatore del taoismo. E qui dato che siamo in Cina usiamo la pentatonica nel pieno rispetto della tradizione culturale. Bella l’introduzione, molto suggestiva. Francesco Mascio sa suonare e usa il plettro anche per dare colore e timbro particolari e sempre diversi per ciascuna nota. Poi parte il tema condito dalle indian bells. Il suono della chitarra è simile ad uno strumento etnico tradizionale e ciò è permesso applicando carta tra le corde ed il manico, provocando quel sordo “ronzio” così particolare. Nel finale del brano si avverte il respiro dell’autore mentre suona!
7. Arpeggio elementale
Che bel titolo! Per scriverlo ho dovuto forzare il correttore automatico che tendeva a “banalizzare”. Qui c’è Susanna Stivali, perfetta nel condire queste armonie modali. Le asseconda, le doppia, le rafforza. Ma lo fa con dolcezza, quasi sussurrando. Belle le enfatizzazioni ritmiche della chitarra che vanno in voluto contrasto con la linearità della voce. Poi entrambi in crescendo con la voce che va su e accenna degli ostinati sincopati. E si placa tutto pian piano. È un brano bellissimo, dolce!
Arpeggio Elementale
8. Wing Chun
Assolvenza di un pedale con chitarra che mima il basso. È praticamente un loop che accompagna tutto il brano insieme a “rumori”, ottenuti probabilmente con un uso particolare del plettro, che fungono da ritmica di supporto e da un’ulteriore traccia di chitarra con una punta di chorus. Su tutto domina l’improvvisazione della chitarra, molto divagante.
9. L’oceano e l’onda
Dolce malinconia “modale” in un brano che esibisce armonie cercate, piene di colore. Inizia con uno scampanellio molto discreto, sembra un richiamo. Poi la chitarra che fa risuonare gli armonici. Arriva l’arpeggio dominante del brano. È regolare, marca addirittura i quarti. Poi tutto si ferma, c’è una lunga pausa di silenzio. Si riprende con il rumore dei solchi di un vecchio vinile, una chitarra in sottofondo, una voce narrante che poi inizia ad intonare poche note. Mi ha ricordato i 45 giri con le favole di quando ero bambino. Mi piacerebbe sapere di più su questo brano, qualche curiosità su come è nato.
Dopo vari ascolti posso dire tranquillamente che l’obiettivo è pienamente centrato. Il disco è molto bello, filante e non stanca. Non ha particolari flessioni se non quando l’improvvisazione si fa più ardita, ma questo non è un difetto, è solo riferito a chi probabilmente non dispone di apertura ad un certo tipo di esposizione musicale.
La tipologia di musica proposta è molto particolare, intimista, riflessiva e aperta. Traspare nettamente il coinvolgimento emotivo e spirituale dell’autore. Ci sono chiari riferimenti al taoismo e probabilmente al percorso spirituale dell’autore.
L’ambientazione è tipicamente orientale, cinese per la precisione. Ci sono anche accenni di jazz e persino di funk, ma filtrati sempre da quel suono globale molto caratteristico.
L’ascolto è molto coinvolgente, ti trasporta immediatamente.
Ma non mi sento proprio di dire semplicemente che, essendo orientale, è musica che favorisce la “meditazione”; è un luogo comune che mal sopporto al pari di “… i neri hanno il ritmo nel sangue”. Sarebbe altamente riduttivo connotare il disco solo in questo modo, si può meditare anche su un brano di free jazz con tutti i suoi fragori improvvisativi.
Qui c’è un lavoro grandissimo che l’autore ha nel tempo affinato. I suoni sono fortemente cercati e le chitarre sono suonate con tecniche particolari sfruttando anche accorgimenti tecnici. L’elettronica è dosatissima e non vanifica mai la ricerca del suono “autentico”! Si pensi che non sono stati nemmeno “nascosti” i respiri dello strumentista e tutti quei piccoli rumori di esecuzione, siamo in clima quasi live e questa cosa è ammirevole.
Francesco Mascio ha fatto veramente un gran lavoro!
E per farvi rendere conto di ciò abbiamo allegato ben tre tracce.
Io questo disco ve lo consiglio!
Intanto … buon ascolto!
marco campea – siAMO musica – ICOnA